Aziende B2B, i millennials sono qui!

Tanto è già stato scritto e detto sui millennials, ma principalmente dal punto di vista B2C.

Questo articolo affronta quindi in primo luogo il tema del ruolo dei millennials nelle aziende B2B.

Ho raccolto 7 caratteristiche B2B dei millennials che forse non ti aspettavi.

Gli anni passano, ed i millennials sono sempre più una realtà per le aziende B2B (i più vecchi avranno 40 anni nel 2021!).

Alcune aziende però ancora non se ne rendono conto.

In secondo luogo, questo articolo è per condividere con te alcune mie considerazioni personali al fine di potermi confrontare ed arricchirci entrambi.

Per questo articolo mi sono basato su due fonti principali:

  1. Il rapporto annuale 2016 dell’istat sulle trasformazioni demografiche e sociali
  2. La ricerca “To buy or not to buy? How Millennials are reshaping B2B marketing” di IBM Institute for Business Value

Oltre a qualche ricerca online ed alla mia esperienza personale.
Se scrolli l’articolo velocemente e non trovi immagini non spaventarti. È vero, ce ne sono pochissime, ma sono sicuro che qualcosa di interessante lo troverai e spero che la lettura sia piacevole anche senza interruzioni grafiche (che in questo caso, non ho ritenuto utili).
Buona lettura.

Sociologia spiccia

Partiamo come sempre contestualizzando la discussione e fornendo alcuni elementi fondamentali per proseguire. Parliamo della classificazione delle generazioni.

Mettiamo le etichette?

Dunque, ho un po’ di orticaria quando devo affrontare questo tema.
Ed è per questo motivo che prima di toccare i punti centrali dell’articolo, ho bisogno di fare alcune premesse e considerazioni.

Come sempre, se vai di fretta, puoi andare direttamente al nodo centrale.

Il tema delle generazioni e dell’incasellamento in schemi precostituiti è annoso ed ha sempre almeno due punti di vista: quello di chi appartiene alla generazione e quello di chi è fuori.
Lo stereotipo vorrebbe che chi è fuori vedesse la nuova generazione come distante e non ne capisca le dinamiche, mentre chi è dentro rifiutasse l’etichetta e le caratteristiche che gli si stanno attribuendo.

Ma qui non si tratta di essere dentro o fuori o di prendere una posizione pro o contro una generazione. Non è per questo che parlo di generazione.

Anzi, prima di proseguire, ci tengo a precisare che in tutto l’articolo utilizzerò il termine “millennials” (ed, ahimè, lo leggerai parecchie volte) senza alcuna connotazione particolare, ma in maniera neutrale, per identificare un gruppo di persone nate in un certo periodo.

Generazioni come modelli

Tuttavia, le classificazioni esistono e ne esistono anche di diversi tipi.

Si possono classificare le persone secondo un certo comportamento, per stabilire poi che quel comportamento in genere appartiene ad una certa fascia di età (come metallari, paninari e sorcini, per citare una canzone che parlava appunto di questa tematica).
Così, ad esempio, i paninari erano i ragazzi nati più o meno negli anni ’70.
Oppure si può seguire il procedimento inverso, partendo dalla fascia d’età e da questa individuare dei comportamenti comuni.

Naturalmente il secondo caso (che poi è quello di cui ti parlo qui) è meno preciso.
È meno preciso perchè si basa unicamente sull’anno di nascita (e non su comportamenti comuni a priori), ma è anche quello che abbraccia un numero più ampio di persone.
Anche se meno preciso, tuttavia, si basa sull’assunto che i nati in uno stesso periodo affrontano le stesse dinamiche sociali e quindi crescono all’interno della stessa società.

Ad ogni modo, una classificazione non è altro che un modello di analisi e come tale una semplificazione di un sistema molto più complesso.

Si costruisce un modello per studiarne alcune proprietà, ma:

  1. Non è detto che nel complesso tutti i soggetti abbiano quelle proprietà (si ragiona in termini statistici, non in termini assoluti)
  2. Esistono altre proprietà che sono escluse dal modello, ma che comunque esistono (il modello non descrive la realtà, ma solo una parte)

Tuttavia, il marketing per funzionare ha bisogno di individuare un target, delle personas, e per farlo la sociologia ci viene di sicuro in aiuto, con i suoi studi ed i suoi modelli.
Parlo delle personas anche in Buyer personas: cosa sono e perchè sono importanti

Quali generazioni?

Generazioni quindi. Ma quali sono queste generazioni?
La letteratura individua alcune generazioni in base agli anni di nascita. Fonti diverse citano anni diversi; non esiste una definizione formale, anche se tutto sommato gli anni sono quelli.
Io ho scelto di utilizzare alcuni intervalli, tu potresti averne trovati altri. Non è importante.

Anche se per questo articolo non è quindi così determinante avere una definizione precisa, trovo comunque utile riferirmi ad una definizione che possa fissare alcuni punti.

Ho preso questa definizione direttamente dal rapporto istat.

Si tratta naturalmente di una classificazione che riguarda l’Italia e la sua storia specifica, almeno per le prime generazioni. In particolare:

  • Generazione 0: grande protagonista del dopoguerra
  • Baby boom 1: protagonista delle grandi battaglie sociali e trasformazioni culturali degli anni Settanta
  • Baby boom 2: con una visione orientata alla realizzazione di obiettivi personali
  • Generazione X: segna il passaggio tra il vecchio ed il nuovo millenio; queste persone (qui ci sono anche io) sono cresciute tra la fine del blocco sovietico e l’allargamento a Est dell’Unione Europea. Entrati nel mondo del lavoro con più lauree e master dei propri genitori, ma sono anche i primi a subire le conseguenze della recessione
  • Millennials (generazione Y): sono la generazione dell’euro e della cittadinanza europea, ma anche quella che sta pagando più di ogni altra le conseguenze economiche e sociali della crisi
  • I-Generation (generazione Z): nati e cresciuti nel periodo in cui le nuove tecnologie informatiche si sono maggiormente diffuse e vedono internet ed i social network come qualcosa di normale.

Sì, ma io ho letto della Generazione C

Sì, esiste anche un’ulteriore generazione, che non dipende dall’anno di nascita, ma dal comportamento (quello che dicevo poco sopra quando parlavo dei paninari & co).

Si definisce generazione C (dove C sta per connected) ed identifica tutti quegli utenti always on, sempre connessi.
Non importa quando sono nati, la generazione C è un gruppo cosiddetto psicografico: definiti in base all’approccio mentale, ai valori, agli interessi ed allo stile di vita.

Quindi ci possono essere dei millennials che appartengono alla generazione C, così come dei millennials che non vi appartengono.

Tutto chiaro fino a qui?

Guarda, come ti dicevo all’inizio, queste classificazioni hanno una certa utilità, ma è chiaro che non devi prenderle come oro colato.

(curiosità, si dice “prendere per oro colato” perchè l’oro fonde ad una temperatura più alta degli altri materiali che quindi vengono scartati prima. La colatura è composta quindi solo da oro puro).

Comunque, ora hai un’idea di cosa si intende per “Millennials” e, fammi sapere se sei d’accordo, molti Millennials, specialmente quelli più ambiziosi, appartengono anche alla generazione C.

Sono questi a cui farò riferimento da qui in poi.

I millennials ed il B2B

E veniamo quindi al nocciolo della questione: i millennials.
Ai quali le aziende B2B devono sempre più spesso fare attenzione.

Perchè?

Banalmente, come avrai intuito, per una mera questione anagrafica.

Di millennials si parla da tanto tempo in ambito consumer, avendone definito diverse caratteristiche relative all’acquisto privato.
Il millenial, dicono, è il più colto, il più esperto di tecnologia, il più connesso, parsimonioso, socialmente e ambientalmente consapevole, ecc, ecc, ecc.

Di millennials tuttavia si parla meno in ambito B2B.
Ecco quindi che, qualunque sia l’ambito in cui tu lavori, se ti occupi di vendite o in qualche modo ti relazioni con i clienti, se non ti è ancora capitato, ti capiterà molto presto di relazionarti con un millenial che, se ancora non ha potere decisionale, avrà quantomeno molta influenza.

Sì, perchè nel 2018 i millennials, stando alla tabella istat citata poco sopra, hanno compiuto tra i 23 ed i 37 anni e qualche manager o dirigente c’è di sicuro.

Analizzando la ricerca di IBM “To buy or not to buy? How Millennials are reshaping B2B marketing” ho trovato alcuni elementi interessanti ed altri su cui mi sono trovato meno d’accordo e che ho preso come spunto per il resto di questo articolo.

In particolare, dalla ricerca emerge che:

  1. I millennials usano la tecnologia per prendere decisioni
  2. I millennials vogliono parlare direttamente con i venditori
  3. I millennials si fanno influenzare da parenti ed amici quando si tratta di prendere la decisione finale
  4. I millennials non condividono reazioni negative
  5. I millennials capiscono i millennials
  6. I millennials sono sempre connessi
  7. I millennials vogliono cambiare il mondo

L’ho detto prima e lo ripeto qui, prima di continuare.
Di seguito trovi 7 punti che descrivono dei tratti comportamentali.
Li riporto come spunto di riflessione.
Quello che segue non è un manuale e non sono delle regole che valgono per tutti.

Inoltre, la ricerca confronta i comportamenti dei millennials con quelli di Generazione X e Baby boomers.
Io per semplicità mi limito ad analizzare i comportamenti dei millennials.

#1 I millennials usano la tecnologia per prendere decisioni

I millennials vogliono dati, velocità e consulenti fidati, desiderosi di collaborare.

Con le generazioni precedenti condividono molte aspirazioni rispetto alla carriera, ma emerge un ambito nel quale si ha una distinzione significativa tra le genrazioni: il processo decisionale.

Oltre il 50% degli intervistati si basano fortemente su tecnologie di analisi dei dati per prendere decisioni aziendali migliori.

In particolare, poichè sono abituati ad ottenere tutti i tipi di dati con un semplice tocco sul proprio smartphone, hanno poca pazienza con le organizzazioni che non possono fornire immediatamente le informazioni che cercano.

Considerazione #1

Fornisci i dati di analisi dei tuoi prodotti e servizi in modo chiaro, veloce e facilmente consultabile

#2 I millennials vogliono parlare direttamente con i venditori

Quando si tratta di prodotti consumer, i Millennials ascoltano il parere delle recensioni online e dei loro amici.

Ma quando si tratta di B2B il discorso cambia. Nella fase di ricerca, quando si devono formare i criteri decisionali e di confronto tra i competitor, i millennials vogliono interagire direttamente con le persone, con i venditori.
Leggi anche: Perchè l’intelligenza artificiale non sostituirà i venditori

Ad una prima analisi, sembrerebbe strano che i nativi digitali abbiano come priorità quella di parlare direttamente ai venditori.

In realtà, dobbiamo pensare che la ricerca online è una routine e l’interazione di persona ha anche l’obiettivo di sapere come sarebbe lavorare con quel particolare fornitore.

Risponde velocemente? Risponde in maniera chiara ed esaustiva?

La qualità dell’esperienza è un indicatore fondamentale per i millennials ed una delle loro priorità.

Considerazione #2

Cura la qualità dell’esperienza con i millennials. Praticità, collaborazione e competenza sono le prime cose che valutano

#3 I millennials si fanno influenzare da parenti ed amici quando si tratta di prendere la decisione finale

Lungo il processo di acquisto, c’è un momento per informarsi ed un momento per decidere.
Se è vero che durante le fasi di acquisizione ed elaborazione delle informazione in ambito B2B, i millennials non danno molta importanza alle opinioni di amici e famiglia, soprendentemente dalla ricerca emerge che quelle opinioni diventano importanti nel momento della decisione finale.

Ebbene sì. È un dato strano che prendo così come viene riportato.

Personalmente non ho un’esperienza diretta in questo caso specifico e mi piacerebbe sentire cosa ne pensi tu.

Ad ogni modo, sembra che gran parte dei millennials, nonostante si sia in ambito business, si lasci influenzare dalle opinioni di propri cari per quanto riguarda la decisione finale.

E questo pone una sfida interessante per i marketer B2B.

I millennials vogliono avere accesso immediato a informazioni dettagliate su marchi, prodotti e servizi, ma nonostante tutti i fatti e le cifre a portata di mano, la loro decisione finale di acquistare (o meno) potrebbe essere influenzata da qualcuno esterno al business.

Considerazione #3

Qui davvero sono disarmato. Un suggerimento? Dirti di “influenzare” i genitori o gli amici mi sembra impossibile. Quello che mi sento di dirti è di studiare bene il “tuo” mercato, cercare di parlare con i “tuoi” millennials e capire se e come si fanno influenzare.
Questo è effettivamente un punto sorprendente che prendo con le pinze, ma comunque è pur sempre un punto di riflessione che cercherò di approfondire in futuro.

#4 I millennials non condividono esperienze negative

Si tratta di una generazione abituata ai social ed alla condivisione.

Tuttavia, in ambito business, i millennials sembra siano più discreti.
Sono propensi a condividere esperienze positive con il venditore, ma – probabilmente perchè conoscono molto bene gli impatti che possono avere dei post negativi – saranno piuttosto restii a condividerli.

Per la maggior parte, la soddisfazione di sfogarsi pubblicamente su questioni legate al business non vale semplicemente il rischio che un loro post possa diventare virale e farli entrare in una spirale di polemica.

Considerazione #4

Non basare mai il tuo rapporto su questo punto.
La mia esperienza è allineata a questo punto della ricerca, ma è chiaro che non può essere considerato un elemento sul quale costruire una strategia.
Può essere interessante però se ti occupi ad esempio di un sistema di raccolta di feedback o se comunque hai a che fare con l’assistenza clienti.
Il fatto che non ci siano recensioni negative da parte di una certa fascia di età potrebbe essere dovuto a questa caratteristiche della tua clientela piuttosto che alla sua soddisfazione.

#5 I millennials capiscono i millennials

Questo punto è ovvio, ma provo ad aggiungere qualcosa.

Il punto è che si è sempre cercato di dare al cliente un account manager o un venditore con dei punti in comune.
Così come si è sempre cercato di collaborare con persone affini al proprio target, per avere idee e spunti dall’interno dell’azienda.

Però, qui si tratta di trasformare alcuni processi della tua azienda, in particolare quelli relativi alla comunicazione ed al rapporto con i clienti.

Se non l’hai ancora fatto, inserisci dei millennials nei tuoi team di vendita e marketing e chiedi loro di (ri)progettare le linee guida ed i processi di base.
In questo modo, non solo avrai una conoscenza diretta delle preferenze dei millennials, ma fornirai anche ai tuoi dipendenti l’opportunità di sviluppare relazioni di fiducia con millennials lato cliente.

Considerazione #5

Potresti creare una team per un progetto pilota, che si occuperà di una campagna indipendente di comunicazione.
È necessario in ogni caso sperimentare per trovare nuovi approcci al mercato, un team “millennials” con ampia libertà di azione potrebbe portare a risultati sorprendenti.

#6 I millennials sono sempre connessi

Come anticipato all’inizio, la maggior parte dei millennials, quelli che considero per questo articolo, appartengono anche alla generazione C di chi è sempre connesso.

Considerazione #6

Questo suggerimento vale in generale, non tanto per i millennials.
Lo dicono anche le statistiche di Google: ormai il traffico da smartphone ha superato quello da desktop (anche se negli ultimi mesi pare ci sia un’inversione di tendenza sia a livello mondiale che italiano con un ritorno al desktop anche se di poco).
A livello di marketing cura i tuoi contenuti e verificane la fruibilità da smartphone con grande attenzione.

#7 I millennials vogliono cambiare il mondo

Tutte le nuove generazioni hanno questo impulso progressista volto a cambiare lo status quo. Non c’è nulla di strano o di particolare.

I millennials però lo possono fare attraverso internet ed in maniera ultraconnessa.

Per loro il mondo è percepito come un ambiente più piccolo, più facile da raggiungere. E le idee viaggiano quindi alla velocità della luce.

Considerazione #7

Comunica anche utilizzando un approccio ispirazionale.
Racconta storie che emozionano.
Evidenzia, senza MAI abusarne, tematiche dei tuoi prodotti o servizi che toccano i grandi temi come l’ambiente, le classi sociali, l’istruzione e così via.

Conclusioni

Parlare di periodo di cambiamento come se quelli precedenti non fossero stati soggetti a cambiamenti è banale e sbagliato.

Tuttavia possono essere fatte dele analogie.
La televisione ad esempio ha portato una prima rivoluzione tecnologica e culturale, che ha visto come protagonista da chi era maturo all’epoca dell’introduzione del nuovo mezzo di comunicazione.
Ha portato poi ad una seconda rivoluzione che ha visto come protagonisti coloro i quali con la televisione ci sono nati.

Allo stesso modo il cambiamento che stiamo vivendo è caratterizzato dai diversi protagonisti e noi siamo a cavallo tra le due fasi.

Il mondo consumer ormai ha elaborato da tempo i nuovi linguaggi, ma molto è ancora da fare nel mondo B2B dove i cambi generazionali (anche nelle aziende a conduzione famigliare) si stanno attuando in questi anni o ci saranno nei prossimi.

Non ci saranno marziani che parlano un’altra lingua a sostituire i vecchi terrestri. La tecnologia ormai fa parte di tutti e tutti, in particolar modo nelle aziende, ne riconoscono il ruolo centrale.

Il punto quindi non è che la tecnologia sia una prerogativa dei millennials che, appunto non sono marziani e che non trovano nelle aziende persone che non conoscono la tecnologia.

Il punto piuttosto è che per i millennials, la tecnologia è il livello base su cui costruire il resto.

La tecnologia è un dato di fatto, esiste ed è necessaria.

A meno che la tecnologia non sia il tuo prodotto, sarà sempre meno un elemento distintivo da utilizzare nella comunicazione, così come oggi non dà alcun vantaggio avere un sito web (ma sarebbe svantaggioso non averlo o comunque non avere una presenza online).

Le grandi aziende B2B, come ad esempio Caterpillar, hanno da tempo iniziato la trasformazione necessaria ad accogliere i millennials.
(Parlo di Caterpillar anche in Come inserire i video nella tua strategia marketing B2B)

La trasformazione digitale delle aziende deve passare quindi anche dal linguaggio utilizzato nella comunicazione.
Non deve essere solo una trasformazione dei processi di produzione o di controllo, ma dell’azienda in generale.

E lo deve essere perchè il mercato cambia anche per le aziende B2B, anche per le più tradizionali e di nicchia, anche per quelle che da 50 anni vanno avanti con i soliti clienti.

Perchè ad un certo punto, quei tuoi “soliti” clienti cambieranno e se la tua azienda non sarà pronta, loro andranno in maniera naturale da qualcun altro.