Come analizzare il tasso di conversione di una landing page

Ho già avuto modo di parlare di landing page. Dal cos’è a qualche esempio in ambito B2B. Ma il nostro lavoro non si ferma con la pubblicazione della nostra landing page. Dopo che abbiamo “aperto i rubinetti” del traffico e iniziato a mandare utenti sulla nostra pagina, come facciamo a capire se sta lavorando bene?

Questa è la prima parte di una serie di articoli nei quali vedremo appunto come analizzare le prestazione della nostra landing page per raccogliere quelle informazioni che ci potranno essere utili per pianificare dei nuovi interventi.

In particolare in questo articolo ti parlerò di:

Il tasso di conversione

Ogni landing page è progettata per far eseguire una specifica call to action (CTA) all’utente. Quando la progettiamo, lo facciamo in funzione di un tipo di utente ben specifico, chiamato persona (termine inglese che significa personaggio), che rappresenta un tipo di potenziale cliente.

Quindi di quel personaggio ci immaginiamo l’età (indicativa), il ruolo, i bisogni, le abitudini, la formazione e le paure. Chi si occupa di configurare le sorgenti di traffico, lavora nei limiti del possibile per raggiungere e coinvolgere il profilo che abbiamo definito.

E la nostra pagina parla, dall’inizio alla fine, a quel profilo al quale abbiamo dato anche un nome.

Partita la campagna, cominciamo a registrare i risultati.

Rispetto al numero di utenti unici che visitano la pagina, in quanti si convertono? Questo rapporto è noto come tasso di conversione ed è il primo indicatore, quello di più alto livello, da considerare.

Il tasso di conversione è una percentuale. Se ad esempio ottengo una conversione ogni 1.000 visite uniche alla pagina, il tasso di conversione è dello 0,1% e lo ottengo dividendo il numero di conversioni (ad esempio il numero di utenti che hanno compilato il modulo presente nella nostra pagina) per il numero di visualizzazioni.

Cosa ci permette di fare questo numero? Questo numero ci permette fondamentalmente di fare dei confronti, come:

  • Confrontare 2 versioni della stessa landing page, in un A/B test. Per la stessa campagna creo due versioni della stessa pagina, con piccole variazioni. Quindi parte del traffico va su una versione ed il rimanente sull’altra versione. Il tasso di conversione mi dice quale sta lavorando meglio.
  • Verificare l’impatto di modifiche alla pagina (mi raccomando, una modifica alla volta). La prima versione della pagina aveva lo 0,1%? Faccio una modifica e rimisuro il tasso di conversione. È cambiato? Come?

Nuovi utenti

In Google Analytics, il tasso di conversione è un valore che viene calcolato automaticamente ed è già quindi presente in diversi rapporti. È calcolato come rapporto tra “numero di conversioni” e “numero di sessioni”.

Ecco ad esempio un estratto del rapporto Comportamento > Contenuti del sito > Pagine di destinazione

Dimensione del campione

Quante visite devo raccogliere e in quanto tempo devo farlo per poter fare un confronto? Questo è un tema fondamentale quando si parla di test. Non posso confrontare una versione che ha raccolto 100.000 visite in un mese con un’altra che ne ha raccolte solo 1.000 nello stesso periodo. Come si fa?

Qui la tematica è lunga e la affronterò in un altro articolo, Per ora è sufficiente sapere che con uno strumento come Google Optimize bastano due settimane per completare un A/B test (due settimane servono ad analizzare meglio il comportamento dei diversi giorni di una singola settimana).

L’approccio di Google Optimize si chiama approccio bayesiano (o inferenza bayesiana), e permette di lavorare solo sull’aspetto temporale, senza definire un campione a priori. Quindi non definisco 1.000 o 10.000 visite come dimensione del mio campione, ma mi baso semplicemente su quello che avviene in due settimane.

Questo approccio si può applicare anche al confronto di versioni diverse della stessa pagina, in momenti diversi. Ovviamente questo caso è un po’ più critico. È opportuno infatti che i parametri delle campagne che portano traffico non cambino tra le due versioni e che i due periodi siano comparabili. Non ha senso ad esempio comparare una pagina nelle prime due settimane di dicembre, con un’altra versione della stessa pagina nelle ultime due settimane di dicembre.

Tasso di conversione clusterizzato

Come ti ho detto, il tasso di conversione è un parametro utile per il confronto, ma non ci dice molto quando non abbiamo dati da confrontare.

Restando sul concetto di tasso di conversione, possiamo ricavare qualche informazione in più andando a creare i cosiddetti cluster. In sostanza dobbiamo andare a raggruppare i dati secondo diversi criteri, formando così dei gruppi omogenei che si differenziano per i valori di un parametro (sarà più chiaro tra pochissimo).

A questo punto, misurando il tasso di conversione all’interno di ogni segmento, possiamo capire in quali segmenti la pagina sta lavorando meglio.

Prima di proseguire però, è importante chiarire un concetto: come misuriamo gli obiettivi?

Obiettivi

Abbiamo detto che il tasso di conversione è il rapporto tra

Tasso di conversione = Numero Obiettivi Raggiunti / Numero Sessioni

Abbiamo visto come recuperare l’informazione sugli utenti unici. Il numero di obiettivi raggiunti invece, in uno scenario semplice, può essere recuperato ad esempio contando il numero di utenti registrati nel nostro CRM o database, o ancora contando le email che il modulo invia a seguito di ogni registrazione.

Lo scenario è semplice perchè per una pagina, c’è un solo dato che ci interessa.

Ma, come vedremo tra poco, abbiamo bisogno di informazioni più dettagliate per analisi più approfondite. E per farlo è fondamentale tracciare gli obiettivi tramite Google Analytics.

In altre parole, dobbiamo dare a Google Analytics i criteri (le regole) con i quali può sapere quando un obiettivo è stato raggiunto. Ad esempio, immaginiamo che il nostro obiettivo sia quello di far compilare il modulo di contatto presente nella nostra landing page all’utente che la sta visitando.

Un modo comune per tracciare questo tipo di obiettivo è quello di basarsi sulla visita alla pagina di ringraziamento (o thank you page) che segue la compilazione (e se non hai una thank you page, ti suggerisco di crearla).

Esempio di thank-you page di una delle landing page di cui ti ho parlato qui

In sostanza, tu aggiungi una pagina al tuo sito. Ipotizziamo che la nuova pagina abbia questo indirizzo https://www.miosito.it/thankyou_product1.

Ora, quando un utente compila il modulo nella landing page, anzichè mostrare un messaggio tramite javascript direttamente in pagina, lo mandi alla nuova pagina. Questo peraltro ha tutta una serie di vantaggi tra i quali:

  • Una UX più efficace: all’utente arriva un messaggio più chiaro
  • Un momento di attenzione elevato: in questo momento l’attenzione del tuo utente è al massimo. Hai tutta una pagina a tua disposizione nella quale, oltre a confermare che l’operazione è andata a buon fine, puoi anche comunicargli altro. Ad esempio, offerte, sconti, promozioni, eventi, ecc. (questo ha senso in particolare per le landing page nelle quali le CTA lavorano sulla parte alta del funnel, come il download di un ebook).

Il punto è che questa nuova pagina è accessibile solo dopo aver compilato il modulo della landing page. Non ci sono altri collegamenti nel sito. Non c’è un link nel menu di navigazione. (sì, l’utente potrebbe digitare direttamente l’indirizzo, ma questo di fatto non avviene, perché non lo conosce).

Ecco quindi il criterio. Ogni visita alla pagina https://www.miosito.it/thankyou_product1 può essere considerata come il completamento di un obiettivo, ed in particolare come la compilazione del modulo della nostra landing page.

È opportuno quindi configurare questo obiettivo nel nostro Google Analytics, definendolo in una delle nostre viste

Quindi, si aggiunge un obiettivo di tipo “destinazione” andando a specificare l’indirizzo della pagina, come in questo caso

Cluster geografici

Bene, ora che abbiamo impostato gli obiettivi, possiamo procedere con la nostra analisi clusterizzata. Uno dei criteri più semplici e intuitivi per la creazione dei segmenti è quello geografico.

In sostanza, voglio rispondere a questa domanda: come varia il mio tasso di conversione in funzione della città di provenienza dell’utente? Se da questa analisi dovessero emergere dei valori molto alti per alcune città, potrei decidere di aumentare il traffico da quelle città (con delle campagne a pagamento specifiche).

Come si fa? Molto semplice.

Al rapporto che abbiamo utilizzato prima (Comportamento > Contenuti del sito > Pagine di destinazione) basta aggiungere la dimensione secondaria della città

Abilitando questa funzionalità, per ogni pagina vengono create tante righe quante sono le città dalle quali sono iniziate le sessioni, generando una visualizzazione di questo tipo. Escludendo la prima riga (not set) relativa al traffico al quale non è stato possibile attribuire la città, una città interessante è Napoli ad esempio, con un tasso di conversione del 5%.

È chiaro tuttavia che le considerazioni devono essere fatte anche in funzione dei numeri. Numeri troppo bassi rischiano di fuorviare l’analisi.

Una soluzione può essere quella di “allargare” il criterio geografico, da città a regione ad esempio. A livello geografico puoi salire con Paese (Italia, Francia, ecc), SubContinente (Europa settentrionale, Europa occidentale, Europa meridionale, ecc) e Continente (Europa, America, Asia, ecc).

Sta a te capire a che livello sia giusto aggregare e se i dati che hai a disposizione sono sufficienti alle tue esigenze,

Cluster per dispositivo

Un altro cluster interessante è quello per dispositivo. Questo cluster in particolare può fare emergere dei problemi di compatibilità della nostra landing page con un dispositivo particolare o con una categoria di dispositivi.

Si parte sempre dallo stesso report e si seleziona, come dimensione secondaria, la categoria di dispositivo

Conclusioni

Dovrebbe essere chiaro ora la potenza di questo tipo di analisi. Con lo stesso approccio puoi creare ad esempio questi cluster:

  • Campagna: clusterizzi per i nomi delle campagne di Google Ads o sulla base del parametro personalizzato utm_campaign. In questo caso però non stai valutando tanto la prestazione della tua pagina, quanto piuttosto quella della tua campagna
  • Segmento in-market: il segmento in-market è una classificazione automatica di Google. In pratica Google, sulla base del comportamento degli utenti su diversi siti, è in grado di attribuire ad essi un profilo di riferimento (Viaggiatori, Interessati all’elettronica di consumo, ecc). Queste informazioni possono darci indicazioni utili sia a migliorare la nostra landing page, sia la nostra campagna
  • Browser: utile per rilevare problemi per uno specifico browser (Chrome, Edge, Firefox, ecc)
  • Modello dispositivo mobile: questa dimensione non si limita a dirci se l’utente si collega da smartphone, tablet o desktop. Ci fornisce proprio il modello dell’utente (iPhone, Mi A2, ANE-LX1, ecc). Come per il browser, utile per verificare eventuali problemi di compatibilità

Nelle prossime puntate vedremo altre analisi della nostra landing page, con le quali potremo avere un quadro più chiaro e completo.

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