Cosa è il funnel e quell’esigenza di ogni business di essere online

Per la rubrica RispondoSuQuora, in questo articolo rispondo alla domanda “Ogni business oggi ha bisogno di una presenza online?” e per farlo ti guiderò all’interno di uno strano/magico/abusato concetto: quello del funnel o, meglio, del marketing funnel.

Ma andiamo per ordine.

Essere online vuol dire avere un sito web?

Il concetto di essere online oggi fa chiaramente riferimento al web, ma tutto sommato il web (che a sua volta è una parte di Internet) è semplicemente una tecnologia.

Essere online oggi vuol dire essere presente su un mezzo dove ci sono tantissime persone.

E a chi vuole fare pubblicità alla propria attività, ad un prodotto o ad un servizio, interessa fondamentalmente una cosa: farla dove ci sono le persone.

O meglio, farla dove ci sono i suoi potenziali clienti.

L’evoluzione del concetto di online

Da un certo punto di vista quindi, l’essere online è un concetto che nasce con i mezzi di comunicazione di massa.

Tanto tempo fa, si poteva essere online su un giornale (intendo proprio il quotidiano di carta), perchè era il mezzo più diffuso.

Poi arrivarono le pagine gialle (presenti in vari paesi con diversi nomi)…

Le pagine gialle, un media utilizzate per essere online e per costruire il proprio funnel
Le pagine gialle sono state un media molto interessante negli anni 80. Se avevi un’attività, dovevi essere presente lì sopra

Ed ovviamente la radio e la televisione.

C’è gente? C’è molta gente? Bene, io voglio fare pubblicità lì.

E nel 1991 venne pubblicato il primo sito web e le cose iniziarono a cambiare di nuovo.

Ed oggi cosa significa essere online?

Oggi il web, quella raccolta immensa di siti connessi tra di loro, è sempre più popolato. E quindi ha sempre più senso essere sul web.

La differenza è che alcuni di questi siti sono cresciuti più di altri.

Un tempo essere sulle pagine gialle, pur essendo della carta stampata, aveva più senso che non essere su un quotidiano o sul libretto distribuito dalla propria associazione di categoria.

Quindi è sempre stato così. Essere online ha sempre significato essere su almeno un mezzo di comunicazione di massa.

Oggi, seguendo rigidamente il ragionamento fatto fino a qui, dovrebbe quindi avere più senso essere presenti su quei pochi siti più diffusi, piuttosto che avere il proprio sito.

Non ha mai avuto senso infatti, aprire un proprio giornale per farci pubblicità sopra, quando erano già presenti altri giornali.

Nè tantomeno aprire un proprio canale televisivo.

Non aveva senso, a meno di non avere ingenti capitali.

Ma creare un sito oggi, di per sè, non ha certo il costo che poteva avere la creazione di un canale televisivo.

Uno non vale uno

Quindi ok, posso realizzare un mio sito da zero, con un dominio nuovo che non conoscerà nessuno, o posso aprire una pagina su un sito popolare.

Già, perchè i siti non sono tutti uguali e se il metro di giudizio è quello del numero di visite, allora i siti dei social media come Facebook, YouTube, Twitter, LinkedIn o lo stesso Quora per il quale sto rispondendo, quei siti dicevo sembrerebbero molto più importanti di un nostro sito web.

Però, voglio dare qui una prima risposta alla domanda di questo paragrafo: essere online vuol dire avere un sito web?

Oggi la risposta è no.

Essere online vuol dire essere presenti sul web (non avere un sito web).

Anzi, essere presenti su Internet! Perchè oltre al sito web, alla pagina su Facebook ed al canale YouTube (giusto per citarne alcuni), oggi posso ad esempio avere un bot che interagisce tramite messenger con i miei utenti direttamente sul cellulare, o avere un canale Telegram.

Posso addirittura avere una skill per Alexa, o Google Home (i cosiddetti smart speaker che stanno invadendo le nostre case).

Risultati immagini per alexa
Un amazon echo, uno smart speaker che si interfaccia con Alexa, l’assistente persona di Amazon.

Non sono siti web. Non è il web in generale (vabbè, non entriamo nel tecnico e non parliamo di protocolli che non è questa la sede).

Ma sempre online sono.

Sia perchè sono contesti digitali diversi da quelli della vita reale (che poi sarebbe il vero significato di online), sia perchè sempre più persone li stanno usando.

Ma quindi il mio sito web?

Abbiamo detto che ci sono i social media come Facebook e LinkedIn. E quindi è tutto qua? Lascio perdere il mio sito e mi faccio una pagina lì sopra?

Il mio business decollerà di sicuro! Ci sono miliardi di utenti su Facebook. Giusto?

Sbagliato!

Primo punto: una goccia nel mare

Primo, appunto perchè ci sono miliardi di utenti (e milioni di pagine), creare una pagina su Facebook è semplicemente una goccia nel mare. Non basta crearla per fare in modo che i tuoi potenziali clienti la vedano.

Va definita una strategia! Perchè i miei potenziali clienti dovrebbero essere interessati a quello che racconto sulla mia pagina?

Come li raggiungo questi potenziali clienti e, soprattutto, una volta che li ho raggiunti, come li convinco a passare da distratti lettori di una delle tante pagine di Facebook a miei clienti? (e questa domanda è proprio il succo del funnel, di cui ti sto per parlare).

Vista così, avere un sito web che non conosce nessuno non è molto diverso dall’avere una pagina che non conosce nessuno su un sito frequentatissimo.

Secondo punto: non stiamo facendo i conti con l’oste

Secondo, il web, nel suo insieme, è frequentatissimo. Ed i motori di ricerca sono spesso il punto di ingresso sul web. Quindi, in realtà un sito web, grazie al fatto che esiste Google (e simili) ha ancora senso.

Gli utenti fanno una domanda su Google. Tu devi aver creato sul tuo sito web, una pagina che risponde a quella domanda.

Pensa a come hai trovato questa pagina.

È la domanda ad essere sbagliata!

Essere online vuol dire avere un sito web? No.

Essere online vuole dire avere una strategia per farsi trovare dal proprio pubblico. Pubblico che plausibilmente utilizzerà qualche canale digitale.

Probabilmente bisogna essere presenti su più media.

Può voler dire avere un proprio sito web e contemporaneamente avere una pagina su Facebook ed una anche sul LinkedIn… e magari anche un canale YouTube.

Vuole dire pensare a come rispondere agli utenti che hanno un problema ed a come incuriosire quelli che magari potrebbero aver un problema e che in quel momento stanno pensando ad altro.

Vuol dire avere un funnel.

Perchè quello che conta oggi è farsi trovare. Sito web, pagina LinkedIn o canale Telegram.

Bisogna essere dove ci cercano i nostri potenziali clienti.
E bisogna fare in modo che i nostri potenziali clienti ci cerchino.

Adesso ci fermiamo un momento.

Devo cominciare a parlarti di funnel più nello specifico, ma preferisco farlo raccontandoti una storia.

Il funnel, ma senza parlare di funnel (per ora)

È la storia di Maria, nome di fantasia che nella mia mente è l’ideale per la celeberrima casalinga di Voghera (cioè… sai che c’è anche una pagina Wikipedia dedicata alla casalinga di Voghera?).

Maria oggi ha uno smartphone, magari anche un tablet (no, il computer quello no) ed ovviamente un account su Facebook.

Maria vuole cambiare smartphone, cosa fa?

Ora, potrei scrivere un romanzo su questa cosa, ma se inizio un pistolotto sulla casalinga di Voghera e non ti parlo di smartphone e di business online, mi sa che chiudi.

Già è lodevole che tu stia ancora leggendo, quindi la farò breve.

Maria fa una ricerca. Fa una ricerca su Google così come farebbe ormai chiunque altro.

Potrebbe cercare “consigli per smartphone nuovo” oppure “miglior smartphone sotto i 200€” o addirittura “smartphone android per fare belle foto” (uè, la casalinga di Voghera si evolve sai?).

Il punto è che fa una ricerca su Google e trova un po’ di risultati. Apre il mitico Aranzulla (che in questi casi non manca mai) ed un paio di altri siti.

Cosa sta facendo Maria?

La parte alta del funnel: Maria si informa

Esatto, Maria non sta facendo altro che informarsi.

Ha un bisogno, ma non ha esattamente le idee chiare su cosa acquistare. E poco importa la professione o il livello di istruzione. Tutti seguiamo praticamente lo stesso schema.

  1. Abbiamo un bisogno
    • Maria vuole uno smartphone nuovo
  2. Iniziamo a documentarci per capire quali possono essere le soluzioni, al plurale
    • vale la pena puntare sulle fotografie?
    • e cosa sono questi “pieghevoli” di cui sente parlare? uuuhhh, quanto costano! lasciamo perdere va!
    • ah, ci sono anche degli smartphone che hanno la penna…
    • e se invece mi facessi un iPhone?
  3. Individuiamo una soluzione e capiamo quali sono le alternative per quella soluzione
    • quanti smartphone ci sono con la penna?
  4. Cerchiamo conferme dagli altri, tramite delle recensioni ed arriviamo ad un paio di modelli
    1. Galaxy Note e Mate 20x ad esempio

Beh… mi fermerei qui… Maria non ha ancora deciso, ma da un bisogno generico – e dopo essersi informata – è arrivata molto più vicino ad una soluzione.

Sei d’accordo che adesso è più vicina ad una soluzione?

Il punto di vista di chi compra e di chi vende

Il customer journey

Quello che ho appena descritto è il “viaggio” di scoperta che ha fatto Maria e che facciamo tutti noi.

Quando vogliamo risolvere un bisogno come comprare qualcosa, aggiustare qualcosa, andare da qualche parte ecc, ecc, ecc, quello che facciamo è un percorso.

Noi iniziamo con un bisogno (talvolta una sensazione) e mano a mano che la nostra ricerca prosegue, individuiamo la soluzione.

Il percorso può essere breve: cerco una cosa e taaaac. Trovata subito, al primo colpo.
Fine del viaggio.

Oppure può essere lungo e durare anche mesi, come capita spessissimo nel caso del B2B, ossia di persone o gruppi di persone che devono fare un’acquisto complesso per la propria azienda.

Questo percorso, dal punto di vista di chi lo compie, si chiama customer journey, il viaggio del cliente appunto!

Ma anzichè guardare il viaggio di Maria, proviamo a metterci per un attimo nei panni di Smartò, l’ecommerce degli smartphone a cui non puoi dire di no! ?

Il primo incontro con il funnel

2,7 miliardi di smartphone nel 2017 ed una previsione di continua crescita… e oltre 7 miliardi di persone.

Immagina ora di guardare quei 7 miliardi da una stanza di controllo.

Tanti monitor, tanti tasti. Una poltrona al centro e Simone, il CEO di Smartò, che osserva tutto.

Siiii, lo sooo. Da una persona sola, al centro di un stanza piena di bottoni che osserva il comportamento degli altri, ci si può aspettare solo qualcosa di malvagio.
È una classica descrizione da “cattivo” di un film, ma questo non è un film, quindi magari il CEO di Smartò è l’uomo più buono del mondo. Chi lo può sapere.
E non è nemmeno importante.
Mi interessa solo che ti costruisca la scena nella tua testa.

Quindi, tanti puntini che si muovono liberamente sullo schermo.

Ora Simone preme un tasto e riesce a vedere solo quelli che stanno facendo una ricerca su uno smartphone (uno smartphone qualsiasi… in pratica sono i suoi potenziali clienti).

Una ricerca tipo “consigli per smartphone nuovo” che ha fatto Maria prima. Anzi siamo proprio nel momento in cui Maria ha fatto quella ricerca.

Sul monitor lei è un puntino rosso, e insieme a lei ci sono milioni di altri puntini (che ci immaginiamo bianchi, alla faccia della privacy e del GDPR che non ci permette di sapere cosa stia cercando esattamente la signora Maria in un certo istante).

Eccoli lì, 254.544.752 puntini che si stanno informando su uno smartphone.

“Ah, potessi convincerli tutti ad acquistare sul mio sito” pensa in quel momento Simone.

E invece no!

Ma non era “l’ecommerce a cui non potevi dire di no?”. Ecco appunto, addio tag line.

Ogni puntino va per la sua strada.

Quello che ci interessa è quello che succede nel momento in cui Maria, e tanti altri, passano da una ricerca generica ad una un po’ più specifica.

Saltiamo qualche passaggio ed andiamo al momento in cui Maria sta comparando due modelli di smartphone con penna.

Cosa accade ai nostri 254.544.752 puntini?

Accade che si riducono. Perchè ovviamente persone diverse avevano sì un’esigenza generale comune, ma poi nello specifico ognuno ha bisogni e vincoli diversi (ad esempio di budget, ma non solo).

Quindi i nostri puntini adesso sono diventati 28.763.556.

Eccolo lì un primo filtro.

Sullo schermo compare un bel 11,3% ad indicare che l’11,3% di tutti quelli interessati ad uno smartphone in generale, sono arrivati a visitare la pagina del nostro modello con il pennino.

E Maria è ancora lì. Il suo puntino rosso è lì che gira sullo schermo

E vediamolo finalmente ‘sto funnel!

Ed eccolo il protagonista. La keyword da 115 milioni di risultati.

Omar, ti piacerebbe stare in prima pagina eh?

Cosa è il funnel?

Il funnel è un modello che rappresenta il comportamento che abbiamo appena visto (e che continueremo a vedere tra poco).

Funnel è letteralmente imbuto in inglese. Ed proprio per quella forma, larga sopra e stretta sotto, che si usa per rappresentare il comportamento degli utenti.

Risultati immagini per funnel
Un esempio del funnel che potrebbe usare Simone

In alto ci stanno gli utenti con i “problemi generali” e via via che si scende i problemi diventano più specifici, si trova la soluzione e si diventa cliente.

Sì, ma non corriamo, che Maria è ancora indecisa tra due modelli di smartphone.

La parte in mezzo del funnel: Maria compra

A questo punto Maria si sta per convincere. Dai Maria! Forza, che qui la gente c’ha voglia di tornare a fare le sue cose.

Ed allora eccola lì che si registra su Smartò.

La sua prima volta su Smartò… ahhh, non sa ancora che sarà una strada senza via d’uscita.

E nel frattempo che succede sul monitor della nostra sala di controllo?
Succede che Maria, insieme ad altri, passa al livello successivo. Quello di registrati, nel mucchio di quegli 832.772 utenti che hanno un account su Smartò.

Il 2,89% degli utenti che fanno una visita si registrano.

E poi qualcuno di questi, magari tanti, ma non tutti, effettuano un acquisto. Diciamo il 73%.

Quindi Maria ed il suo puntino rosso, fa parte di quei 607.923 che hanno effettuato almeno un acquisto.

La parte bassa del funnel: il fun sfegatato!

A questo punto ormai il concetto è chiaro. Più si scende in basso, più i numeri diminuiscono.

Nel nostro esempio, nella parte bassa del funnel ci stanno gli utenti che effettuano più acquisti e poi quelli che condividono e promuovono i prodotti stessi di Smartò.

Possiamo immaginare che su 607.923 utenti che abbiano effettuato un acquisto, 13.573 (2,23%) effettuino almeno un acquisto al mese e di questi 612 (4,51%) condividano sui social almeno un acquisto al mese.

Quindi è questo il funnel?

No. Questo non è IL funnel.

Questo è UN funnel.

Ed il funnel, come vedremo poi, non è nemmeno semplicemente un disegno con dei numeri, è molto di più.

Quello che però devo ancora chiarire – e devo chiarirlo molto bene, fai attenzione mi raccomando – è che il percorso che ti ho raccontato fino a qui, non è una regola generale.

Il funnel è solo il modello concettuale.

Uno strumento che ti permette di definire dei livelli e di misurare quanti utenti siano presenti in ogni livello, presupponendo che ogni livello poi abbia una dimensione diversa.

Già perchè, anzitutto non è scritto da nessuna parte che il funnel debba avere 6, 3 o 12 livelli. Tu decidi quanti livelli deve avere il tuo funnel e quali sono le regole che fanno passare un utente da un livello all’altro.

Sopra ad esempio ti ho detto che nel penultimo livello ci sarebbe entrato chi avesse effettuato almeno un acquisto al mese. Ma perchè non 5 acquisti? O 7?

E perchè no? Decidi tu appunto.

L’altro aspetto importante da capire è che in realtà ormai il concetto di funnel rimane solo come nome, ma la forma non è più necessariamente nemmeno un imbuto.

Quello che conta è che i livelli abbiano un valore diverso, che può quindi anche aumentare, non solo diminuire.

Philip Kotler, nel suo Marketing 4.0, descrive ad esempio 4 modelli di funnel diversi, che chiama (nella traduzione in italiano), Pomello, Pesce, Tromba ed Imbuto.

In questa rappresentazione i funnel sono inclinati. Anzichè dall’alto in basso, gli utenti si muovono da sinistra a destra

Quindi il business deve stare online?

Adesso uniamo i puntini e concludiamo il ragionamento.

Ogni business oggi ha bisogno di una presenza online? Questa è la domanda da cui sono partito ed alla quale rispondo: no.

Se mi chiedi se qualsiasi business, in assoluto, indipendentemente da tutto, debba stare online, ti dico di no.

Perchè? Perchè un business deve stare semplicemente dove stanno i suoi potenziali clienti ed oggi ancora ci sono degli ambiti dove gli utenti non sono online.

E se devo farti un esempio, non ti faccio quello dei bambini in età prescolare (che non sanno leggere) o degli anziani (che non hanno dimestichezza con la tecnologia).

Non ti faccio questo esempio, perchè in queste fasce di età l’online ha comunque senso. Ha senso perchè mi rivolgo ai genitori dei bambini ed ha senso perchè mi rivolgo ai figli delle persone anziane.

No, non è questo il mercato che non è online.

Piuttosto pensavo a qualcosa tipo le bancarelle del mercato rionale.

Quella strada, in quella mattina specifica della settimana, è il luogo dove ci sono i potenziali clienti e tu, ambulante che ti trovi lì, hai voglia di essere online per vendere.

Il tuo business non lo fai online.

Magari poi c’è qualche ambulante che prova ad andare online, ma lo fa per prendere un’altra tipologia di clienti. Quelli magari che vogliono vivere l’esperienza “del mercato di una volta”, ma comodamente dal divano (non mi meraviglio più di nulla ormai).

La penetrazione di Internet

E per quanto Internet sia ormai diffusissima, esistono purtroppo ancora delle zone che per vari motivi (geografici, politici od economici) non sono raggiunte dal digitale.

I business che si sviluppano in quelle zone, non possono per forza di cose essere online.

Ma questo scenario immagino sia il punto estremo della domanda, che non credo volesse arrivare a toccare questi aspetti

E per tutti gli altri?

E per tutti gli altri c’è l’online (cioè una presenza nel mondo digitale).

Saranno sempre di più i business che andranno online, è una tendenza irreversibile.

E sono convinto tuttavia che non si arriverà alla totalità. Ad un certo momento arriveremo ad una situazione in cui non avrà più senso non essere online, ma un business rimarrà tradizionale, perchè quella particolare condizione sarà il suo punto di forza.

Un po’ come per i vinili oggi (che peraltro sono anche in crescita)… o come l’andare a teatro, nonostante radio, televisione, cinema e streaming online ti permetterebbero di seguire la stessa storia comodamente da casa.

Bello il funnel. Ma che ce ne facciamo?

Grazie per la domanda!

Una volta costruito il funnel e misurato con una certa precisione il passaggio dei nostri utenti da un livello ad un altro possiamo iniziare.

Già, perchè il bello inizia adesso.

Nota però che anche se siamo in ambito digitale, prevedi sempre un margine di tolleranza nelle misurazioni, perchè – soprattutto ai livelli più alti – è complesso e talvolta impossibile essere precisi.

Il funnel non serve solo per avere la situazione sotto controllo. Che, beninteso, già questo sarebbe un ottimo risultato!

Il funnel è il punto di partenza per definire un’azione di marketing.

Business diversi avranno quasi certamente funnel diversi e spesso anche gli stessi business adottano criteri di misurazione differenti.

Ricordati che non stiamo parlando di un funnel specifico, di 5 livelli e con certe regole.

Ma adesso siamo andati oltre. Qualunque sia il funnel e le regole adottate, resta il fatto che hai delle percentuali di conversione da un livello ad un altro e che il tuo obiettivo sia quello di portare più utenti possibili fuori dal funnel.

Caparezza - fuori dal tunnel

Come si fa a fatturare di più?

Simone è lì, nella sua stanza e vede sul monitor i suoi numeri, con i pallini che si muovono.

Cosa deve fare per aumentare il fatturato?

Guardiamo i numeri.

Sappiamo che partendo da 254.544.752 utenti che cercano uno smartphone arriviamo a 607.923 utenti che effettuano almeno un acquisto.

Lo 0,24%.

Di oltre 250 milioni di utenti che stanno in alto ed “entrano” nel funnel, poco più di 600 mila effettuano un acquisto.

Significa che ogni 10.000 utenti che entrano, 24 effettueranno un acquisto. Questi sono numeri. Questo è il punto da cui partire.

Ecco, il nostro funnel ha 6 livelli e 5 passaggi. Cinque percentuali che mi dicono quanto sia efficiente ogni passaggio.

La domanda “come facciamo a fatturare di più” adesso deve essere tradotta in un’azione concreta.

Concreta e misurabile (questo è fondamentale, mi raccomando!).

Concretezza

Il principio di base è che, a parità di condizioni, se aumento i numeri in entrata, aumentano anche i numeri in uscita.

In altre parole, a parità di altre condizioni, le percentuali di conversione tra un livello e l’altro non cambiano.

Guardiamo in numeri (sì, lo so che l’ho già detto).

Voglio aumentare il fatturato? Bene, perchè non portare più utenti nell’imbuto allora? Se porto più utenti con caratteristiche simili agli oltre 250 milioni che sto già monitorando, per ogni 10.000 nuovi utenti mi aspetto di avere 24 nuovi acquisti.

Questo è il punto. Adesso abbiamo dei numeri su cui basarci. Dobbiamo però capire se questa soluzione è vantaggiosa dal punto di vista economico.

Quanto costa portare 10.000 nuovi utenti nel nostro funnel? Inoltre, quanto è lo scontrino medio di un acquisto? Ed infine, quanto margine ci daranno i 24 nuovi acquisti che dovremmo riuscire ad ottenere?

Certo, l’analisi richiederebbe in realtà di considerare il valore medio di ogni cliente e non il valore di un singolo acquisto.

Comunque è tutto qui.

Se i numeri ci dicono che è vantaggioso, vale la pena provare. Se cioè portare 10.000 nuovi contatti con le stesse caratteristiche di quelli che stiamo già raggiungendo costa meno di quanto potremmo ricavare dai 24 nuovi acquisti, allora si parte.

È il famoso ROI, il ritorno sull’investimento. Spendo 1 e dovrei ottenere 5? Ok, proviamoci.

Non si tratta più di fare qualcosa perchè questa mattina pioveva o perchè un nostro amico ci ha suggerito di farlo.

Numeri.

Vogliamo analizzare un altro punto?

Non c’è una soluzione unica

Prendiamo ad esempio quel 2,89% di conversione tra chi visita e chi si registra. Perchè è così basso? Forse la procedura di registrazione del nostro sito è troppo complicata?

Rivediamo per comodità lo stesso funnel che ti ho mostrato poco sopra.

Immaginiamo di entrare nei panni di Simone e di dare un’occhiata al sito di Smartò. Guardiamo un po’ più in dettaglio.

Analizzando meglio, ci accorgiamo che la nostra procedura di registrazione prevede l’invio di una mail di conferma all’utente, per validare il suo indirizzo. Ma notiamo che oltre il 50% non risponde a questa mail e quindi non completa la registrazione.

Questo 50% non lo vedo dal funnel. Lo posso vedere ad esempio da uno strumento come Google Analytics.

Beh, un bel problema! Cosa possiamo fare?

Potrei aggiungere un sistema di validazione dell’email in tempo reale, per poter segnalare al mio utente, proprio subito dopo avere digitato il suo indirizzo email, se ha sbagliato qualche cosa.

Quanto costa implementare un sistema di validazione della mail in tempo reale? Quali vantaggi ci porterebbe?

Abbiamo detto che il 50% non risponde la mail. Quindi quel 2,89% (832.772 utenti) è solo la metà di quello che potrebbe essere in realtà.

Immaginiamo per semplicità che risolvendo il problema, avremmo il doppio degli utenti.

Non è così, lo sappiamo, rimarrebbe sempre comunque qualcuno che non completerebbe la procedura di registrazione.

Quindi, avremmo 1.665.544 utenti registrati (5,79%). Gli utenti nel nostro funnel raddoppierebbero nei livelli successivi (ti ricordo che è sempre una stima, se raddoppieranno veramente lo si vedrà poi solo misurando, ma la probabilità che aumentino è davvero elevata).

Quindi, quanto costa la modifica? Quanto è il margine atteso? Quanto è, alla fine , il ROI di questa seconda soluzione?

Si tratta di confrontare due strategie, due possibili soluzioni. Di implementare e poi, di misurarne gli effetti.

Tecnica e creatività

Aumentare il numero di utenti in alto. Come si fa?

Aumentare il numero di mail validate. L’unico modo è quello di integrarsi con un servizio esterno?

Per ogni problema del tuo business, per ogni livello del funnel esistono diverse soluzioni.

Per la parte alta del nostro funnel (quella dove gli utenti si documentano), potrei lanciare una campagna display per far conoscere il mio marchio (dei banner sui siti web). Oppure potrei sponsorizzare una squadra di calcio. O ancora, potrei lanciare un concorso.
Sono tutte possibili soluzioni al problema del “come faccio a farmi conoscere da più persone?”.

Per la gestione delle mail, potrei integrarmi con il servizio che valida in tempo reale. Oppure potrei rivedere il design del mio modulo, per evidenziare meglio all’utente che quello è un passaggio delicato. O ancora, potrei segnalare al mio utente che inserendo un indirizzo email valido riceverà due ingressi gratuiti al cinema.
Anche in questo caso, sono tutte possibili soluzione al problema del “come faccio ad aumentare il tasso di completamento del mio modulo di iscrizione?”.

Business online e funnel

Insomma, spero che il concetto sia chiaro.

Forse non tutti i business dovranno essere online, ma tutti i business online dovrebbero avere un funnel e misurare. Raccogliere dati, analizzare e misurare.

Anche i business tradizionali, per quanto possibile, dovrebbero avere un funnel e misurare (ed alcuni strumenti – come Google Analytics per i negozi retail – permettono di farlo, almeno parzialmente).

Perchè così:

  • Con un funnal avrai la situazione sotto controllo
  • Potrai capire con maggiore facilità dove vale la pena intervenire. Resterà un tentativo, ma sarà più semplice decidere
  • Potrai misurare gli impatti dei tuoi interventi. Nel tempo, potrai capire quanto le tue previsioni si realizzeranno, ottimizzando sempre di più le decisioni
  • Potrai startene seduto sulla poltrona della sala di controllo a guardare il puntino rosso di Maria che si muove

Riflessione conclusiva sul funnel

Concludo con una riflessione. Il modello di funnel descritto in questo articolo è il modello ideale. Al quale le aziende dovrebbero puntare.

Nella realtà, non tutti i business potranno arrivare ad un risultato come quello descritto. In alcuni casi non potranno arrivarci perchè non riusciranno a misurare con una precisione sufficiente.

In altri non ci arriveranno per altri fattori.

Un fattore economico ad esempio, che farà arrivare le aziende fino ad un certo punto, per poi fermarsi per una questione di costi.

Ma anche un fattore culturale, perchè alcune scelte hanno grossi impatti sui processi aziendali o anche sulle abitudini delle persone in azienda (e sappiamo tutti quanto sia difficile cambiare abitudini).

Il punto è che il modello descritto – progettare il proprio funnel, misurare tutto, prendere decisioni basate sui numeri – deve essere un punto a cui aspirare. Un riferimento. Ma non è detto che debba essere necessariamente il punto a cui si dovrà arrivare.

È come per il sito web o l’essere online in generale. Sappiamo quali sono i vantaggi; ma la scelta sull’essere presenti e sul come essere presenti va fatta in funzione della propria realtà. L’importante, per il proprio business, è essere presenti dove si trovano i potenziali clienti.

Stesso ragionamento vale per il funnel. Non importa quale modello di funnel adotterai e non importa quanti e quali livelli avrà. Non dovrà essere necessariamente preciso al 100% – quantomeno non lo dovrà essere se avrai fatto le giuste valutazioni.

Innanzitutto dovrete pensare e progettare il vostro funnel.

E poi sarà importante utilizzarlo come strumento per comprendere ed ottimizzare il viaggio dei vostri clienti.


Seguimi su Quora: https://it.quora.com/profile/Omar-Venturi#