Nessuno converte con il display marketing!

Quali campagne riescono a convertire con il display marketing? Nessuna mi verrebbe da dire in prima battuta, ma sappiamo che non è così.

Perchè il display marketing?

Il display marketing viene in genere utilizzato in almeno due momenti del customer journey.

Awareness (scoperta)

Il primo momento è quello della fase iniziale di scoperta (awareness) , quando il cliente non conosce il brand/prodotto/servizio e viene intercettato dalla nostra pubblicità.

Esemplare di utente che incontra per la prima volta il nostro messaggio

Se è vero che in questa fase intercettiamo utenti che non stanno cercando di soddisfare un proprio bisogno in maniera attiva, in linea teorica però, dovrebbe essere vero che questi utenti hanno quantomeno un cosiddetto bisogno latente.

In altre parole, potrebbero aver bisogno di quello che stiamo proponendo, ma non sanno di avere questo bisogno… pensa a quanti potevano aver bisogno di uno smartphone prima che l’iPhone venisse lanciato ad esempio.

Steve Ballmer – CEO di Microsoft 2008-2014 – nella celeberrima dichiarazione che prevedeva il fallimento dell’IPhone

Il targeting

Dovrebbe” essere vero (con il condizionale) perchè qui entra in campo lo strumento di marketing utilizzato per configurare la campagna e in particolare i criteri di targeting che vengono impostati.

Che sia Facebook, LinkedIn o Google Ads (solo per citarne alcuni), tutti questi strumenti hanno impostazioni diverse e costi diversi, ma tutti sono validi strumenti per poter impostare una campagna display per l’awareness.

Ma pur essendo validi strumenti, restano limitati e – soprattutto – le persone che configurano una campagna possono sbagliare.

Spendere i soldi su questi strumenti è facile, sono strumenti oggettivamente facili da utilizzare (Facebook in questo senso ha lavorato tantissimo sulla sua piattaforma pubblicitaria), ma non per questo chi le usa può esimersi dal sapere cosa stia facendo (pena, appunto, gettare soldi al vento).

Quello a sinistra sei tu che vuoi configurare la campagna da solo senza esserne capace… e quello a destra è tuo cugino al quale hai chiesto una mano

Una campagna display che mostra un annuncio a tutte le persone di 30-50 anni che vivono in Italia (giusto per fare uno degli esempi più classici) non è certo un target efficace.

Se il targeting è sbagliato quindi, non andremo ad intercettare le persone con il bisogno latente che stiamo cercando e staremo pertanto sprecando più soldi del dovuto.

Appeal (attrazione)

Il secondo momento è quello della fase nella quale un utente ha sì la consapevolezza del brand/prodotto/servizio, ma l’impatto che abbiamo generato in lui è ancora basso. Dobbiamo cercare di catturarlo, di colpire la sua attenzione.

(Qui uso il termine Appeal rifacendomi al bellissimo Marketing 4.0 di Philip Kotler).

In questo caso possiamo utilizzare il canale display con un criterio di targeting completamente diverso.

Remarketing

Si tratta di mostrare il nostro banner a chi è già stato intercettato dal nostro messaggio in precedenza e, preferibilmente, ha già effettuato un’azione che lo possa caratterizzare in qualche modo (visitato una pagina del nostro blog o la scheda di uno o più prodotti del nostro ecommerce).

Ecco, in questo caso, anzichè stabilire a priori alcune caratteristiche per descrivere l’utente con il potenziale bisogno latente, si va “semplicemente” ad intercettare chi ha effettuato una qualche azione in precedenza.

Perchè il display non converte?

Non è vero in assoluto che il display marketing non converte, il punto però è che bisogna capire perché lo stiamo usando… e non usarlo così… perché c’è un po’ di budget da spendere.

Comunque, spesso nella mia esperienza, il display non converte, semplicemente perché non deve convertire.

Mi spiego meglio: in una campagna di awareness, dove magari il nostro è un piccolo brand sconosciuto, non possiamo pretendere di lanciare una campagna display e andare poi a utilizzare come KPI il numero di conversioni.

Non ci siamo.

Una campagna di quel tipo non è fatta per convertire, ma è fatta per raggiungere chi non ci conosce ancora. Questo non significa che qualcuno non si possa convertire comunque, ma significa che chi si converte lo avrà fatto per altri motivi, non certo per il tuo banner.

In quel caso devi misurare il numero di impression o il numero di clic sul banner, eventualmente con un occhio alla durata della visita.

Certo, le variabili in gioco sono tante. Già le cose cambiano come il giorno e la notte tra B2B e B2C, tra brand noti e startup, tra prodotti complessi (un’automobile, un computer, una casa) e beni di largo consumo.

Non esiste una soluzione semplice.

Le conversioni con il display marketing

Il display marketing può convertire, ma di certo se usato per l’awareness le conversioni non sono il suo cavallo di battaglia.

Il display può funzionare in caso di remarketing su prodotti consumer (visiti un prodotto su Amazon e poi la pubblicità di quel prodotto ti segue per un po’). Può funzionare per l’upselling e il cross-selling, sempre utilizzando il remarketing, ma su chi è già cliente.

Insomma, come è giusto che sia, quando si parla di conversioni, più si va in basso nel funnel, maggiore può essere l’efficacia del canale display anche per la conversione.

Se poi sia più efficace di altri canali, quello è un altro discorso, che richiede degli opportuni test.

E tutto quello che ti ho detto – parlando di display – vale per il display digitale. Cartellonistica o spot in tv sono strumenti che possono avere ancora senso su certi target, ma soffrono di problemi di tracciamento ben più gravi ovviamente.


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